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In tempi di mobilità accelerata – volontaria e no – riflettere sulla questione identitaria rivela come questa si strutturi su una separazione «immaginata» che viene effettuata attraverso meccanismi escludenti che distinguono chi è membro da chi è invece estraneo a una comunità. In merito alla situazione isolana è stato notato che il sentimento di appartenenza sia fortemente sentito, manifestato e pubblicizzato al punto da essere una delle regioni in cui si producono più «discorsi sull’identità».

Con questo progetto, intendo indagare la costruzione dell’“identità sarda” a partire dal tema dell’ospitalità inteso come suo tema fondante e, nello specifico, come questo incroci quello dell’ dell’Accoglienza in virtù del fatto che nella lingua italiana i due termini per quanto risultino quasi sovrapponibili sotto un punto di vista semantico, palesano spesso una totale divergenza sul piano delle pratiche.

Scegliere di ragionare sull’ospitalità mi ha condotto perciò al tema del “dono” e al suo essere un utile specchio attraverso cui leggere le modalità in cui si strutturano i rapporti con l’ “Altro” e precisamente con quegli “(im)migranti” che a partire dai primi anni Ottanta hanno progressivamente trasformato l’Isola da territorio di transito a uno di approdo e quelli che, negli ultimi cinque anni vi sono stati portati in virtù del Piano Nazionale di Distribuzione.

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